Sarà il freddo o sarà la tensione della salita ma riposo poco, qualche uscita notturna alla ricerca di un sollievo mi permettono di capire che il forte vento dei giorni precedenti sta mollando: verso l'una decido di partire.
Il padrone di casa, sentendomi muovere si alza; offre di scaldarmi l'avanzo della cena: yoghurt e montone.........rifiuto facilmente. Come ieri accetto solo un poco di tè e carico nello zaino alcuni avanzi di frutta secca.
Nello zaino ho ramponi, uno spezzone di corda, la picozza ed alcuni chiodi da ghiaccio; la temperature è ancora bassa perciò indosso giacca di piuma e calzoni lunghi. I guanti saranno necessari solo fino all'arrivo del sole.
Calzo gli scarponi, saranno un elemento fondamentale dei miei pensieri della giornata. Sono vecchi, apparentemente ancora in buono stato ma hanno ormai perso, nonostante i liquidi protettivi, l'impermeabilizzazione. Durante una uscita con la scuola di alpinismo del CAI di Bergamo ho "imbarcato" parecchia acqua, in quell'occasione mi sono danneggiato un unghia perchè la tensione e la forma dello scafo esterno non è più quella del primo giorno. Questo mi è costato una discussione con Maria che voleva io ne acquistassi un paio nuovi per questa avventura, naturalmente ho rifiutato:si può andare in montagna anche con le scarpe vecchie, oltretutto devo andare "solo" oltre I 5000mt.....inizio già a pentirmene.
Esco finalmente dalla iurta lasciando all'interno il fumo del fuoco, il calore di una famiglia ed i rumori della vita.
Con la pila frontale accesa inizio lentamente la salita, come sempre i muscoli sono dolenti, serve qualche minuto prima che l'olio ricominci a circolare lubrificando cartilagini ormai consunte. Il respirare a bocca aperta è faticoso ma necessario, la pressione dell'ossigeno inizia a ridursi e gli alveoli richiedono dolorosamente una massa d'aria maggiore.
Ieri avevo studiato il tracciato, non posso sbagliare, ho la fortuna di essere solo su questo vulcano che è stato parte della mia educazione civile e religiosa: la storia di Noè e dell'arca, il diluvio universale, la pace dopo la tempesta. Oggi mentre Vi scrivo sono in Bangladesh, un paese dove le alluvioni mietono migliaia di vittime ogni anno: se potessero avere la Loro Arca!
Le prime luci dell'alba mi trovano su un traverso poco prima del ghiaccio, mi fermo a fotografare l'ombra del monte Ararat che si proietta verso il sottostante altipiano.
Poco più in basso vedo altri alpinisti salire lentamente ed io raggiungo in breve tempo la calotte sommitale. Indosso I ramponi per evitare di scivolare e proseguo.
Sono ormai le 6 del mattino quando posso vedere nello stesso momento Turchia,Armenia ed Iran:sono in cima!
Da questa quota, grazie alla forma della montagna ed all'ottima visibilità , riesco a distinguere la presenza della vita e degli insediamenti umani a molti chilometri di distanza. Qui ho molta più luce di quella che arriva a bassa quota nel medesimo istante. Sono in pieno sole ed in basso ancora si vedono luci artificiali.
Come è facile studiare la geografia quando si possono vedere le cose dall'alto, come è facile comprendere che l'Ararat è stato un grande vulcano quando è possibile ammirarne I crateri laterali e le varie bocche da cui è fuoriuscita la lava; anche la vetta del Piccolo Ararat è visibile ai nostril piedi eppure è una montagna che supera I 3200mt.
Inizio con qualche storto autoscatto, finalmente arriva un college francese e ci aiutiamo nel far fotografie.
iniziano ad arrivare anche altri in gruppi che parlano lingue differenti, non ci comprendiamo ma ci sosteniamo e ci sorridiamo come se fossimo scampati ad un pericolo: la fatica e la paura di non arrivare.
Sarà stato così anche nell'Arca?
inizio la discesa, alle 0650 teoricamente dovrei fermarmi a dormire a 3000mt ma l'idea di passare un' altra giornata in digiuno non mi attira; scendo sul ghiaccio che inizia ad essere morbido. e rapidamente raggiungo il mio ultimo campo.
Impacchetto il materiale mi carico e parto, mi accompagna il sorriso dei bambini, la riservatezza delle donne e le fragorose pacche sulle spalle degli uomini. Non capiscono come si possa rifiutare qualche presa di tabacco. divido con Loro gli ultimi datteri rimasti.
Scendo rapido e decido di andare fino a valle, i piedi sono freddi e dolenti, in poche ore guadagno il primo campo fermandomi solo a bere. L'idea di dormire in un letto mi sprona, alle 1715 arrivo alla fine del sentiero. La temperature è alta, indosso scarpe da ginnastica e decido di gettare i vecchi scarponi, la prossima volta non voglio correre lo stupido rischio di farmi male.
Mi volto e guardo la montagna: che meraviglia; questa volta porto con me il ricordo di una salita piena di Umanità, i pastori nomadi mi hanno accolto e trattato come uno di famiglia.
Grazie amici.